“APPENA IERI ERAVAMO FELICI“, è il titolo del romanzo, scritto da Renato Gabriele, che racconta la storia di un ragazzo, diventato vecchio dopo le varie peripezie della guerra dove la dignità umana è stata calpestata con atrocità e barbarie. Questo giovane ricorda la sua vita passata, specialmente la fanciullezza e l’adolescenza, periodo in cui ha vissuto le sue prime esperienze amorose ed erotiche. Racconta la formazione del sua maturità dopo l’esperienza della guerra, del fascismo, dell’ipocrisia umana. Racconta i sentimenti, le donne; uno spaccato del periodo della seconda guerra mondiale. Leggendo le pagine del libro traspare una sensibilità, una dolcezza; si è circondati da una atmosfera particolare, che si assapora pagina per pagina.
Volete trascorrere un momento poetico – culturale, pieno di sentimento? venite ad incontrarlo presso il Centro V. Veneto di Latina. Seguirà rinfresco
Il Centro socio- culturale V. Veneto e l’ Accademia della Terza età, organizzano: Incontro e conversazione con lo scrittore, Renato Gabriele, giovedì 13 marzo alle ore 16.30 presso il nostro gazebo.
Leggete la pagina: QUARTA DI COPERTINA e capirete:
“Andavamo per cerase e amarene, ci sedevamo sotto gli alberi a mangiarle, facevamo orecchini di quelle accoppiate. Ci donavamo fiori, li mettevamo tra i capelli, ne riempivamo il canestro della bicicletta. Una di quella mattine ci buttammo nella canapa a baciarci, ad abbracciarci. Godevamo in tutti i modi dei nostri corpi, rispondendo quasi soltanto al desiderio sessuale. Ogni posto riparato, un catino di spighe atterrate in un campo di grano, una tettoia naturale di ramaglia intricata, una casipola mezzo diroccata e ricoperta di rovi, una piccola radura d’erba tra le fratte, qualunque posto era buono! Lei specialmente appariva divertita da tutte le scoperte che faceva sotto la guida di quella divinità pastorale che m’ispiravo di essere, ecco: un fauno! Questo era a volte il nostro gioco innocente, farci divinità agresti, portatrici di fiori e di frutti, personaggi del corteggio di Flora, per celebrare un rito panico, come una simbolica flagellazione con le spighe o con i teneri giunchi colti alla riva del fiume.
Mi diede mille baci, quella notte, la mia Lesbia, e poi cento e altri mille ancora. Com’era lieve la sua carne e come dolce il favo del miele sulla sua bocca! Restò nelle mie braccia mentre la notte saliva, restò fino a quando si spense il fremire delle foglie sui rami e il roco gracidio delle rane, fino a che fu alta la notte nel cielo e le stelle tremarono, fino a quando il calabrone del sonno iniziò a ronzare nei nostri cervelli chiedendoci tregua.
Che bei giorni, quelli sì erano giorni, tra i più belli della mia vita. Mi sembra che tutto sia accaduto ieri. È vero, era soltanto ieri, appena ieri eravamo felici, appena ieri.